Grassi buoni e cattivi: ha senso fare questa distinzione?

Esistono davvero grassi buoni e grassi cattivi?
Quante volte hai sentito parlare di grassi “buoni” e grassi “cattivi”, come se alcuni fossero indispensabili per la salute e altri da eliminare completamente? Ma è davvero così?
La verità è che nessun grasso è intrinsecamente dannoso o benefico di per sé, tutto dipende da quanto ne consumiamo e da quale fonte proviene.
I grassi saturi sono davvero da evitare? E i tanto elogiati grassi insaturi sono sempre la scelta migliore? È ora di fare chiarezza e sfatare i falsi miti su uno dei macronutrienti più discussi di sempre.
Alcune precisazioni sulla distinzione tra grassi buoni e cattivi
Quando si parla di grassi buoni e cattivi, spesso si fa riferimento a una classificazione che distingue i lipidi in base alla loro struttura chimica:
- Grassi insaturi (buoni). Considerati benefici, sono presenti in alimenti come olio d’oliva, avocado, pesce e frutta secca.
- Grassi saturi (cattivi). Ritenuti dannosi per il sistema cardiovascolare, si trovano principalmente nei latticini, nella carne rossa e nei prodotti industriali.
Ma questa catalogazione è davvero corretta? Non proprio: il problema non è la categoria a cui appartiene un grasso, ma la quantità e la qualità con cui viene assunto nella dieta.
I grassi saturi, per esempio, sono spesso considerati dannosi perché un eccesso di questi può aumentare i livelli di colesterolo LDL (“cattivo”) nel sangue, incrementando il rischio di malattie cardiovascolari. Tuttavia, questo non significa che vadano eliminati completamente: anche i grassi saturi svolgono funzioni essenziali nell’organismo, come la produzione di ormoni e la protezione delle cellule. Inoltre, alcuni studi recenti hanno ridimensionato il loro ruolo negativo, dimostrando che il vero problema non è il singolo nutriente, ma l’eccesso e il contesto generale della dieta.
D’altra parte, anche i grassi insaturi, sebbene considerati più salutari, possono diventare dannosi se consumati in quantità esagerate o se provengono da fonti di scarsa qualità, come oli vegetali raffinati ricchi di omega-6 pro-infiammatori.
In sintesi, non ha senso demonizzare un’intera categoria di lipidi, poiché questi macronutrienti, se ben bilanciati tra loro, sono tutti essenziali al corretto funzionamento del nostro organismo.
Ecco quali grassi fanno male e quali scegliere nella dieta quotidiana
Per garantire un equilibrio ottimale nella propria alimentazione, più che focalizzarsi su una rigida distinzione tra grassi buoni e cattivi, è fondamentale adottare un approccio basato sulla qualità e sulla moderazione. Non è il grasso in sé a essere dannoso, ma la sua origine, in che quantità viene consumato e il modo in cui viene trattato.
Quest’ultimo punto è di particolare importanza. Nella classificazione del paragrafo precedente abbiamo esposto le due categorie di lipidi, saturi e insaturi, che si trovano in natura. Ma vi è una terza categoria di grassi, ovvero i trans-idrogenati, che sono il risultato di processi industriali e che sono, questi sì, universalmente riconosciuti come dannosi.
Alla luce di ciò, vediamo quindi quali fonti lipidiche ridurre o eliminare dalla dieta:
- Grassi trans industriali. Sono ottenuti attraverso un processo chimico chiamato idrogenazione, che trasforma gli oli vegetali liquidi in grassi solidi per aumentarne la durata di conservazione. Presenti in margarine, prodotti da forno industriali, snack confezionati e cibi da fast food, sono fortemente associati a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, infiammazione cronica e insulino-resistenza con successivo sviluppo di diabete di tipo 2. Per questo motivo, non esiste una quantità sicura di grassi trans, e le principali autorità sanitarie, come l’OMS e l’EFSA, ne raccomandano l’eliminazione totale dalla dieta. È, quindi, consigliato evitare tali prodotti e leggere attentamente le etichette per individuare ingredienti come “oli parzialmente idrogenati”, che indicano la presenza di questi lipidi.
- Oli vegetali raffinati ricchi di omega-6. Non tutti gli oli vegetali sono uguali. Infatti, mentre alcuni, come l’olio extravergine d’oliva, sono benefici, altri subiscono processi di raffinazione intensivi che li rendono dannosi. Oli come olio di girasole, di soia, di mais e di colza sono particolarmente ricchi di acidi grassi omega-6, che, se consumati in eccesso rispetto agli omega-3, possono favorire uno stato infiammatorio nell’organismo. Sebbene gli omega-6 siano essenziali, il problema è lo squilibrio nel rapporto omega-6/omega-3, che nelle diete moderne può arrivare fino a 20:1, mentre l’ideale sarebbe 3:1 o 4:1.
A differenza dei grassi sopra elencati, esistono numerosi lipidi che offrono benefici per la salute e che dovrebbero essere integrati regolarmente nella dieta, ovvero:
- Grassi monoinsaturi (olio d’oliva, avocado, frutta secca). Questi grassi sono noti per i loro effetti protettivi sulla salute cardiovascolare. L’olio extravergine d’oliva, in particolare, è ricco di polifenoli e antiossidanti che riducono l’infiammazione e migliorano la funzionalità delle arterie. L’avocado e la frutta secca, invece, forniscono fibre e vitamine insieme ai grassi sani.
- Grassi polinsaturi (omega-3 da pesce e semi di lino). Gli acidi grassi omega-3, presenti soprattutto nei pesci grassi (salmone, sgombro, sardine) e nei semi di lino e chia, hanno potenti effetti antinfiammatori e sono essenziali per la salute del cervello, del cuore e delle articolazioni. Il loro consumo regolare è associato a una riduzione del rischio di malattie neurodegenerative, disturbi dell’umore e infiammazioni croniche.
- Grassi saturi di qualità (burro ghee, carne di animali allevati a pascolo). Non tutti i grassi saturi sono dannosi e, se provengono da fonti naturali e non da cibi ultra-processati, possono essere una fonte di energia stabile e salutare. Ad esempio, il burro ghee è un burro chiarificato privo di lattosio e ricco di acidi grassi a catena corta, che favoriscono la salute intestinale. Un’altra fonte interessante è la carne proveniente da allevamenti grass-fed (a pascolo), che contiene un profilo lipidico migliore rispetto alla carne di allevamenti intensivi, con un maggior contenuto di omega-3 e CLA (acido linoleico coniugato), noto per i suoi effetti benefici sul metabolismo.
I grassi nella dieta chetogenica: un alleato per la salute
La dieta chetogenica è l’esempio perfetto di come i lipidi possano essere una risorsa preziosa per l’organismo, anziché un nemico da temere. In questo regime alimentare, si va oltre la dicotomia “grassi buoni e cattivi”, poiché i lipidi diventano la principale fonte di energia, permettendo di mantenere uno stato metabolico di chetosi che porta numerosi benefici, tra cui una maggiore stabilità glicemica e un miglior controllo del peso.
Occorre però rivolgersi a medici e nutrizionisti affinché il piano alimentare sia ben bilanciato e sicuro: ecco perché Eat&Diet, azienda esperta nella produzione di alimenti chetogenici, collabora con un ampio network di professionisti della nutrizione, che possono seguirti passo dopo passo lungo la strada verso il tuo benessere.
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